CINQUE (5) BUONI MOTIVI PER I QUALI TUTTI COLORO CHE SUONANO DOVREBBERO, PRIMA o POI, INCIDERE UN PROPRIO ALBUM:

Avete mai pensato ad incidere un Vostro Album di inediti? Dovreste… perché il farlo porterà sicuramente enormi benefici:

Attenzione però… Se Vi aspettate di trovare scritto cose del tipo: “così avrete maggiori possibilità di farvi notare da una casa discografica e diventare famosi ...” potete anche cambiare direttamente articolo e continuare a vivere di belle speranze dal momento che, se veramente ancora esiste una strada per emergere nel mondo della musica, quella del “disco da inviare alle varie etichette”, in attesa che queste vi ricontattino proponendovi contratti milionari e grande visibilità, credo sia ormai diventata la più remota tra quelle praticabili …

NO… Non stiamo parlando dello scopo del disco in se, di cosa fare una volta che avrete il vostro “Album di Inediti” tra le mani… ma delle valide motivazioni per le quali, anche se la cosa rimanesse solamente fine a se stessa, il realizzare un disco porti ad avere enormi benefici a chiunque suoni uno strumento ed intenda fare un vero “salto di qualità”!

Che siate un gruppo musicale od un solista, che vi apprestiate ad utilizzare per la prima volta una DAW o registriate tramite il migliore studio della zona, che abbiate il supporto di un "sound engineer" o vi improvvisiate come tali, che vogliate fare un prodotto amatoriale per pochi amici o intendiate distribuire a pagamento migliaia di copie… ecco i 5 validi motivi per cui, a mio avviso, dovreste prima o poi incidere un Vostro Album:

1 - Comprendere le regole di base della composizione ed imparare a strutturare un brano:

Scusa… ma se stiamo registrando dei brani inediti non vuol forse dire che li abbiamo già composti… Questa fase non dovremmo averla superata… ?

Forse si… Ma ne siamo proprio sicuri?

Senza voler comunque generalizzare è molto probabile che i Vostri brani siano nati in uno dei seguenti modi:

a) Un membro del gruppo si presenta un giorno alle prove con un foglio con sopra scritti accordi e testo ed inizia a suonare la sua ultima creazione; gli altri gli vanno dietro improvvisando… nasce qualcosa di orecchiabile ed ognuno raffina la propria parte: “Si… così è carina!” - “Perché tu non provi a fare questo?” - “Ma che titolo gli diamo?”- “A me però ricorda quella dei …” - “Forse questa parte va cambiata!” - “Ok, secondo me va bene così…” – ecc., ecc.

b) Si sa come funzionano le prove … c’è chi arriva prima e chi dopo… chi va via prima del tempo e chi rimane ancora un po’… tra una prova e l’altra c’è chi non smette mai di suonare (ed a volte, va detto, rompe anche i coglioni)… così è sempre stato e così sempre sarà… In questi ritagli però, strimpellando ed improvvisando, ad un certo punto c’è qualcosa che sembra abbia un senso… allora lo si prova a strutturare… ci si improvvisano parole a caso per creare la melodia e sembra quasi, fin da subito, una canzone… se va bene la volta successiva ce la ricordiamo ancora tutti e magari il cantante ha anche provato a buttare giù un testo di senso compiuto… generalmente su 10 situazioni di questo tipo 1 o 2 vengono portate avanti e diventano poi “canzoni”.

In verità non ha molta importanza come abbia avuto origine una canzone perché non è questo l’oggetto della discussione ma fidatevi però se vi dico che registrarvi vi aiuterà a comporre molto meglio e capire (forse) che non sempre quell’assolo di chitarra alla fine di ogni ritornello o quell’introduzione “soft/lounge/spichedelic/ambient” che parte gradualmente e cresce fino a durare quanto l’intero “lato B” di un disco dei “Pink Floyd”, risultano essere le scelte migliori.

Fare un disco vuol dire spesso anche sentire e risentire le stesse tracce innumerevoli volte ed in questo processo, immancabilmente, esistono 2 fasi in cui sicuramente Non riusciremo mai ad essere obiettivi su ciò che abbiamo composto:

- La fase dell’entusiasmo iniziale in cui siete contenti di aver registrato un nuovo brano e tutto vi sembra bello.

- La fase nella quale, dopo centinaia di volte che lo sentite dall’inizio alla fine e ripetutamente, vi renderete conto di quanto la vostra canzone sia diventata ormai quasi “insopportabile” e non vedete l’ora che sia pronta perché proprio non ne potete più di lavorarci sopra.

Il momento più significativo per comprendere come migliorare la composizione che avete tra le mani sta più o meno nel mezzo a queste 2 fasi... quando si è oggettivamente più obiettivi nel giudizio e si può comprendere, ad esempio, come la metrica delle parole non torni alla perfezione, che il mood del pezzo non funziona, che l’insieme sta diventando piatto e la canzone non decolla nel punto in cui dovrebbe, che l’introduzione è troppo lunga, ecc.

Comporre canzoni vuol dire anche provare a creare strutture diverse, decidere di rinunciare a qualcosa a beneficio di altro… cercare parole che abbiano un suono migliore… capire la musicalità di rime ed assonanze… e tutto questo nel realizzare un album crea un "esperienza" per la quale più si compone e più si riesce a capire quali siano le scelte migliori.

Per esperienza personale vi posso dire che lavorando su un solo pezzo alla volta, magari pubblicando un singolo e poi ripartendo con il processo per un nuovo brano, questa cosa la si percepisce in modo molto meno diretto… per questo motivo nell’articolo mi sono riferito prevalentemente ad “un Disco”: ovvero un prodotto che prevede la presenza di più tracce che, se magari sentite tutte a fila, portano ad essere maggiormente consapevoli di ogni singola traccia realizzata.

Ascoltando con senso critico potreste infatti rendervi conto che, se foste veramente coloro che devono ascoltare, arrivati a quel brano forse saltereste direttamente alla traccia successiva senza magari arrivare neanche al momento della canzone sulla quale Voi, come compositori, puntavate maggiormente…

Piano piano che si fanno dei correttivi si comprende che può esistere un metodo migliore di comporre e non è un caso se, ascoltando tutte le canzoni che avete composto negli anni, vi renderete conto che le ultime hanno “quel qualcosa in più” che le rende migliori delle precedenti… e quel qualcosa in più è semplicemente il fatto che, sviluppando esperienza e senso critico, avete imparato a comporre in modo molto più efficace !

2 - Capire come arrangiare un brano e migliorare le esecuzioni:

Diciamoci la verità… in contesti quali prove del gruppo od esibizioni live qualcuno veramente sa con precisione cosa stia suonando in un determinato momento? E sia chiaro che non parlo soltanto del suonare bene la propria parte ma di come, quello che stai facendo tu, stia insieme e riesca a legare con quello che in contemporanea stanno suonando gli altri.

Lo so che la domanda è provocatoria ma in realtà, a meno che non siate soli con Voi stessi (ed anche in tal caso spesso si è talmente presi dall’esecuzione da non ascoltare comunque in modo così attento) nella maggior parte dei casi, quando suoniamo, riusciamo a malapena a distinguere il nostro suono in mezzo a quell’accozzaglia di frequenze in cui la gara su chi alza di più il volume rischia di prendere facilmente il sopravvento e di peggiorare ulteriormente le cose.

La registrazione ci offre la possibilità di riascoltare a mente lucida e concentrata cosa è stato eseguito realmente e l’enorme opportunità di ascoltare in “solo” anche un unico determinato strumento.

Ti saresti mai accorto, in mezzo al frastuono del palco, tra monitor che gracchiano, fischi di microfoni e rullate del batterista, che l’eco che utilizzi sulla chitarra non è "a tempo" ed ha una coda così lunga e fastidiosa? Ti saresti accorto che in quel punto hai sempre fatto l’accordo sbagliato? Sei veramente intonato quando canti ?

Bene… questa è solo la prima scrematura…

Ascoltando le tue registrazioni potresti ad esempio realizzare che in quel punto del pezzo forse è meglio non suonare e lasciare spazio ad altri strumenti, che tu ed il tastierista state lavorando su frequenze troppo simili e non si capisce bene chi stia facendo cosa, che il testo della canzone è bellissimo ma non si distinguono tutte le parole in modo chiaro...

Bastano poche di queste analisi per comprendere, in poco tempo, quanti benefici porti aver arrangiato il brano in modo più definito: spesso si decide di cambiare qualcosa: suoni diversi, variare la tonalità, dare prevalenza ad uno strumento piuttosto che ad un altro, introdurre un bridge per “alleggerire” la composizione, lasciare in un determinato punto soltanto voce basso e batteria… ecc.

Quasi sempre quel lavoro che il “Sound Engineer” esegue in fase di mixaggio, destreggiandosi tra tagli delle tracce, fader, vst, compressori, equalizzatori, filtri, “eresie e massicce dosi di caffeina”, diventa estremamente lungo e complesso proprio perché, precedentemente, non si è tenuto sufficientemente conto dell’arrangiamento e dell’esecuzione delle varie parti e dei singoli strumenti... in questo caso il vantaggio offerto dell’Home studio, a discapito ovviamente della qualità e della professionalità, sta proprio nella facilità di cambiare le cose in corso d’opera magari decidendo di registrare nuovamente alcune parti od inserendone di nuove senza che questo incida sul budget.

La verità è che basta ascoltare a lavoro finito per rendersi immediatamente conto di quanto un "brutto brano" ben arrangiato sia più gradevole all’ascolto di un bellissimo brano "dai suoni fastidiosi": si iniziano a considerare determinati fattori, precedentemente del tutto trascurati, anche durante le esibizioni e nelle sale prove… si ricercano suoni migliori, ci si accorda su chi fa cosa e quando… il risultato è che, anche nel fare cover e brani di altri, inizieremo a volerli “arrangiare” diversamente per farli “suonare a modo nostro” e la qualità generale delle esecuzioni ne beneficerà per originalità e qualità del suono.

3 - Capirete finalmente come funzionano Compressori, Equalizzatori, Reverberi, ecc.:

Ricordo di aver acquistato il mio pedale di Compressione per chitarra basandomi su un motivo ben preciso e molto valido:

“Ma come… non ce lo hai un compressore? Guarda che è indispensabile ed ogni chitarrista lo dovrebbe avere nel proprio set di effetti… se ci fai caso ce lo hanno tutti!”

Lo ho acquistato ed utilizzato per anni senza neanche avere chiaro a cosa servisse e quando doverlo usare; quando poi ho iniziato a capirne lo scopo non ho mai realmente approfondito come usarlo correttamente e così, come lo era prima lo è ancora a distanza di anni, resta spento nella stragrande maggioranza dei casi…

In sintesi, acquistato per la sua “irrinunciabile necessità” in oltre 25 anni di esibizioni live posso tranquillamente affermare di aver ottenuto lo stesso esatto risultato che avrei avuto se non lo avessi mai acquistato.

E allora chi sbaglia? Sbagliano forse tutti i chitarristi che lo hanno nel proprio set? Sbaglio io che in 2 ore di esibizione potrei non doverlo accendere neanche una volta?

La risposta è che nessun accessorio è utile (può anzi diventare controproducente) se utilizzato nel modo sbagliato e nel posto non adatto e nessuno strumento risulta indispensabile se non esclusivamente per le funzioni per la quale è stato pensato e progettato.

Tutta questa premessa è volta a giustificare quanto effettivamente sia difficile, su alcuni elementi della catena del suono, agire senza le dovute competenze e, per quanta teoria si possa aver studiato, fintanto che non ci confrontiamo con la pratica non riusciamo realmente ad acquisirle.

L’obiettivo di un mix è quello di far “stare bene insieme tra loro” i suoni di più strumenti. Ne consegue che alcune tracce possano dover essere infarcite di effetti di modulazione come, allo stesso modo, possa essere meglio utilizzarne il meno possibile per non peggiorarne la resa. L’obiettivo finale del mixing di un brano è quello di far suonare bene tutto l’insieme, magari a discapito del singolo suono… Il realizzare un Disco porta necessariamente a confrontarsi con queste esigenze proprio perché, in relazione al precedente punto, vi è l’obiettivo di elaborare ogni singolo strumento per farlo star bene agli altri e, come già detto, il farlo su ogni singola traccia di ogni singolo brano di un intero disco porta ad acquisire, alla fine di del processo, una consapevolezza molto maggiore sul funzionamento e l’utilizzo dei vari effetti.

Non farò l’errore di addentrarmi nei meccanismi di funzionamento e di importanza di ogni elemento della catena del suono (anche perché sicuramente non ne sarei all’altezza) ma una cosa posso affermarla con certezza: facendo un disco, confrontandosi con un tecnico del suono esperto od improvvisandosi in quel ruolo, avrete comunque modo di capire come l’applicazione di ogni singolo elemento modifichi il suono originale fino a “plasmare” il tutto in un insieme più gradevole.

A parere personale questo concetto è proprio quello su cui successivamente troverai i maggiori benefici anche durante le esecuzioni live.

“Il suono di insieme” non è infatti concetto che, perlomeno da parte degli esecutori, viene sempre curato con l’attenzione che meriterebbe. Quello che succede nella stragrande maggioranza dei casi è infatti esattamente il contrario: ognuno pensa a come fare il “suo miglior suono” senza preoccuparsi di come questo stia poi bene insieme agli altri andando, alla fine, a ritenere come principali parametri di riferimento sui quali agire, le manopole di “gain” e “volume”.

La verità è che spesso quel suono bellissimo di chitarra realizzato con tutti quei meravigliosi pedali, nell’insieme risulterà alla fine veramente inadatto: pieno di basse frequenze che sovrastano la sessione ritmica, con code di reverbero e delay che impastano il suono e coprono la voce e solitamente ad un volume tale da risultare persino fastidioso per gli ascoltatori.

Se c’è una cosa che credo di aver compreso dall’aver realizzato in proprio un disco è che, quando durante un live il suono non esce bene ed il pubblico “non sente” e i musicisti tendono a dare la responsabilità di questo a fattori quali l'ambiente, l'impianto ed al Tecnico del suono/Fonico , la responsabilità andrebbe in primo luogo ricercata in coloro che, nel fare il loro suono sul palco, non hanno tenuto di conto che “suonare insieme” non vuol dire soltanto essere accordati, essere nella stessa tonalità, andare allo stesso tempo ed eseguire gli stacchi in modo preciso… Suonare insieme è anche “far uscire un bel suono di insieme” e questo, affrontando l’avventura del realizzare un disco, lo si capisce molto bene.

4 - Migliorerete le Vostre performance anche nei live:

Se avete avuto la pazienza di leggere questo articolo fino a questo punto (so di non essere dotato del dono della sintesi…) capirete che questo punto è conseguenza quasi diretta di tutti i precedenti:

Hai composto belle canzoni?

Le hai imparate ad arrangiare?

Hai definito come fare tutte le regolazioni e la scelta dei suoni perché il tutto si senta bene ed abbia un effetto gradevole?

PERFETTO… Che altro manca? A si… dovreste anche accertarvi che durante le esibizioni ogni componente esegua bene la sua parte: che non commetta errori grossolani, che non dimentichi le parole, che faccia gli stacchi al posto giusto, che non bagli scala od accordi, ecc.

Scrivere un disco implica un beneficio che è sola e pura conseguenza di tutto il processo che ci è voluto per realizzarlo. Hai dovuto ascoltare talmente tante volte quei brani che ormai li conosci a memoria in ogni sua parte.

Sinceramente: quanti di noi realizzano o sono in grado di trascrivere in musica la propria parte e poi rileggerla durante l’esecuzione per essere sicuri di farla correttamente? Nella maggior parte dei casi ci si affida a foglietti volanti con accordi scritti e ricancellati diventati ormai illeggibili. Occorre aggiungere che sul palco talvolta c’è poca luce e persino con leggio si riesce a comprendere male cosa si è scritto.

Hai fatto un disco? Credo che anche solo per l’entusiasmo di vederlo finito tutti i componenti di una band lo abbiano ascoltato innumerevoli volte ed abbiano metabolizzato talmente tanto i brani che non occorrerà più ricordarsi vicendevolmente gli stacchi, ricordare dove entrare con il solo, ecc.

Non ti ho ancora convinto? Senza voler offendere nessuno non credo che se siete qua, alla lettura di questo articolo, siate artisti affermati che si esibiscono live 6 giorni su 7… credo piuttosto che quando capita di dover suonare entriate in leggera agitazione perché, dal momento che tra un concerto e l’altro passano talvolta anche mesi, forse non vi sentite realmente pronti… vi ricordate tutto?

Credo che avere il proprio repertorio inciso sia molto facile per rinfrescare la memoria ed un semplice ascolto di pochi minuti da effettuare prima delle prove generali spesso è più utile di sessioni di prove fatte "a memoria".

5 - Avrete messo un punto fermo sulla Vostra identità, capendo chi siete, cosa fare e come migliorare:

Avete realizzato un disco? Una cosa è certa: indipendentemente da cosa sarà, se qualcuno lo ascolterà, se riuscirete a distribuirlo al di fuori della vostra cerchia di amici o meno, resterà un senso di “compimento” e soddisfazione per un percorso Finito.

Sicuramente avrete se non altro un biglietto da visita ed una credibilità diversa…

Il problema di noi musicisti è che “temiamo” il confronto ed i giudizi degli altri musicisti… non è quello o perlomeno soltanto quello che dovremmo ascoltare.

Nell’immaginario collettivo delle persone sapere che avete fatto un disco inciderà “psicologicamente” sul valore di importanza che vi sarà attribuito come artista.

Chi aprirà la vostra pagina Facebook od il sito internet e troverà questa informazione alla biografia sarà portato a pensarvi maggiormente “professionale” e “appetibile per l’ascolto”.

Presentarsi in un locale alla ricerca di serate con un biglietto da visita “confezionato e professionale” vi darà credibilità ed opportunità.

Con un disco realizzato avrete messo un punto fermo che lascerà in qualche modo in futuro una traccia di voi ed il ricordo di ciò che eravate.

Aver messo “un punto” è una cosa importante. Avete chiuso un progetto e potrete dedicarvi a qualcosa di nuovo senza la paura che vada perduto qualcosa della vostra identità.

Inizierete a ricevere i commenti di conoscenti, amici e tutti coloro che hanno ascoltato il disco che potranno essere molto utili per capire come muovervi in futuro… cosa non è piaciuto? Per quali brani invece hai avuto gratificazione?

Si dice che “il secondo disco sia sempre il migliore di un artista…” non ho ancora fatto il secondo disco ma credo proprio che questa affermazione possa corrispondere a realtà.

Le esperienze maturate durante il percorso lasciano competenze e risultati che non andranno sicuramente persi e soprattutto, anche secondo quanto scritto sopra:

- Saprete comporre meglio

- Saprete Arrangiare meglio

- Avrete maggior consapevolezza dei suoni

- Sarete più bravi come esecutori

- Avrete comunque ottenuto più visibilità e credibilità di quella che avevate prima.

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